Passa ai contenuti principali

Pirati del ventunesimo secolo o borghesi progressisti al soldo del capitalismo finanziario?

Ed eccoci qua, dopo poco più di un anno a parlare ancora del tema dell'immigrazione. 
Nel luglio 2018, con un post, sempre su questo blog, (https://attiliozorzi.blogspot.com/2018/07/il-colonialismo-di-ritorno-cause-e.html), ho analizzato brevemente le cause e le principali conseguenze socio-economiche del colonialismo di ritorno, che dal 2011 è ormai un fenomeno mondiale e una costante del dibattito politico. 
Oggi, con il caso Sea Watch 3, e la diatriba tra la ONG tedesca e il Governo Italiano, il fenomeno migratorio è tornato prepotentemente alla ribalta e ha diviso la critica televisiva e il popolo dei social in due fazioni, pronte a darsi battaglia a suon di post, video e like; ovviamente l'una pro Sea Watch e l'altra pro Governo Italiano.
Ma prima di finire insabbiati anche noi in questa diatriba ormai decennale, preferirei concentrami sulla normativa che regola il caso specifico, per passare poi ad una descrizione oggettiva dell'odissea della Sea Watch 3, tra le fortunatamente calme acque del mar Mediterraneo, e stabilirne responsabilità e competenze ad ogni livello.
Per fare una cosa oramai sconosciuta, informazione, quella vera però, frutto di studio, ricerche e soprattutto di dati oggettivi e dimostrabili.
Dunque, partiamo dal principio, e più precisamente dal quadro normativo attualmente in vigore.
I soccorsi in mare, sono, ad oggi, regolati dalla Convenzione Internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare, firmata nel 1979 (detta comunemente Convenzione SAR), che obbliga gli Stati membri a:

"[...]Garantire che sia prestata assistenza ad ogni persona in pericolo in mare […]senza distinzioni relative alla nazionalità o allo status di tale persona o alle circostanze nelle quali tale persona viene trovata” (Capitolo 2.1.10), ed inoltre a "[…] fornirle le prime cure mediche o di altro genere ed a trasferirla in un luogo sicuro"

Tale convenzione è stata firmata e ratificata sia dall'Italia, che dalla Tunisia e dalla Libia, mentre Malta è l'unica nazione Europea a non averla ancora adottata.
Per quanto riguarda la definizione di luogo sicuro, invece, come quadro normativo bisogna fare riferimento alle Linee Guida sul trattamento delle persone soccorse in mare redatte dalla IMO (International Maritime Organization, con la Ris. MSC. 167-78 del 2004), le quali disciplinano che :

 "Un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale" (par. 6.12).

Inoltre trattandosi di presunti profughi o richiedenti asilo, la normativa è ancora più precisa e dichiara che il luogo sicuro di approdo, deve anche essere:

“[...] Un luogo dove la vita delle persone soccorse non è più minacciata e dove è possibile poter far fronte ai loro bisogni fondamentali (es.: cibo, riparo e cure sanitarie). Non può, comunque, essere considerato “sicuro”, un luogo dove vi sia serio rischio che la singola persona interessata possa essere soggetta alla pena di morte, a tortura, persecuzione od a sanzioni o trattamenti inumani o degradanti; o, anche, dove la sua vita o la sua libertà siano minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, orientamento sessuale, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o di orientamento politico". 

A questo punto, avendo chiaro il principale quadro normativo di riferimento possiamo analizzare con occhio critico la vicenda della Sea Watch 3 e trarne le dovute conclusioni.
Dunque, la Sea Watch 3, nave con bandiera olandese, ma appartenente a una ONG tedesca, ha soccorso e salvato 52 migranti a largo delle coste libiche, due settimane fa.
Già qui si potrebbe aprire una prima discussione in quanto, il salvataggio sarebbe avvenuto in acque di competenza del SAR della Libia, ma la ONG non si è coordinata con le autorità libiche per l'operazione. Ma su questo punto sorvoliamo vista la critica situazione della Libia.
In seguito, le autorità libiche hanno comunque, richiesto che i migranti fossero trasportati nuovamente in Libia, in quanto recuperati in zona SAR di loro competenza.
Ora, essendo noi persone che usano la testa, possiamo capire che in questo caso la Sea Watch 3 abbia agito correttamente, in quanto non ha ritenuto, la Libia un "luogo sicuro", in osservanza delle linee guida in materia, citate poco sopra.
Successivamente, secondo quanto stabilito dal diritto internazionale, l'ONG tedesca, prestate le prime cure del caso, avrebbe dovuto fare rotta verso il primo luogo sicuro disponibile, ovvero un porto della Tunisia, vista la posizione geografica del recupero, nel caso non fosse stato possibile approdare in Tunisia si sarebbe dovuta recare in un porto maltese e solo in terza battuta in uno italiano.
La Sea Watch 3, però, ha rifiutato un porto tunisino, in quanto l'ONG non lo ha ritenuto sicuro. Malta, non essendo firmataria del SAR, si è tranquillamente rifiutata di concedere un porto, e la Sea Watch, ignorando nuovamente gli ordini delle autorità di coordinamento dei soccorsi ha fatto rotta verso l'Italia.
Ora, riprendendo le norme di riferimento, la Tunisia è firmataria del SAR, applica la Convenzione di Ginevra sui diritti umani, e quindi è ex lege un "luogo sicuro".  La Sea Watch dunque non aveva alcun diritto o potere discrezionale per rifiutare la Tunisia come porto sicuro.
Questa è la prima grave violazione compiuta dalla ONG tedesca e dal suo equipaggio, ma sarà solo la prima di una lunga serie.
La Sea Watch 3, riceve il divieto dal governo italiano di entrare a Lampedusa, in quanto aveva rifiutato, senza diritto altri luoghi sicuri, più vicini.
E' noto a tutti, che l'ONG è poi entrata illegalmente in acque territoriali italiane, violando in tal modo non solo la legge del mare, ma anche la legge italiana. Da qui in poi, il quadro normativo cambia e diventa ancora più complesso, poichè vanno ad intersecarsi prassi marittime, diritto nazionale, europeo ed internazionale; non starò a contestualizzarlo nuovamente ma mi avvierò alla conclusione del mio breve commento.
Ora, se dal lato umano, non possiamo che sperare in una rapida risoluzione della vicenda, dal lato economico e soprattutto da quello politico non possiamo, invece, rimanere in silenzio.
Da quella che è l'odissea della Sea Watch si nota chiaramente, come l'intento di questa ONG, non sia solo quello di salvare vita umane, pregevole scopo tra l'altro, ma anche e soprattutto quello di sfidare sul piano politico il governo italiano, in particolare la sua componente della Lega.
Una sfida giocata però, sulla pelle di persone innocenti, che più o meno consapevolmente si mettono nelle mani dei trafficanti di essere umani, nella speranza di una vita migliore.
Una sfida aperta, lanciata a più riprese, che in Europa non ha nessun eco mediatico mentre in Italia, divide l'opinione pubblica e non fa altro che inasprire quel conflitto sociale, che dalla crisi del 2008 imperversa senza alcun argine.
Una guerra tra poveri, che distoglie l'attenzione dalle errate manovre economiche, italiane e soprattutto europee per far fronte all'incessante crisi di liquidità, facendo sprofondare l'Italia e gli italiani in una povertà economica, sociale e culturale sempre maggiore.
Una nave pirata, certo senza bandiera nera col teschio, che sfida uno Stato sovrano, è l'emblema dei nostri tempi, dove chiunque, si sente in diritto di fare qualsiasi cosa, dimenticando però sempre più spesso i suoi doveri.
Una nave, e una ragazza, la sua capitana, che credono in quello che fanno, che hanno davvero a cuore il salvare le vite umane, ma non si rendono conto di essere semplici pedine, nelle mani dei loro finanziatori, che vedono invece, nei migranti, della manodopera a basso costo, utile ad ingrassare il capitale.
Una triste verità, e un conflitto sociale ormai aperto, che solo con il cambiamento radicale del sistema economico e con la gestione regolamentata dei flussi migratori, potrà trovare una sua fine, altrimenti ogni tre mesi saremo di fronte all'ennesimo caso Sea Watch.
E con buona pace di magliette rosse, #apriteiporti e chi più ne ha più ne metta, ancora una volta politicamente, a livello italiano, l'unico vero vincitore è Matteo Salvini.
A dimostrazione di come ormai contino più gli slogan e gli eventi mediatici della Politica con la P maiuscola.

Ah, a proposito, sto ancora aspettando un politico competente in Italia, per ora abbiamo solo un gran Social Media Manager, cosa non da poco comunque, il resto è nulla.




Commenti

Post popolari in questo blog

DISUGUAGLIANZA ECONOMICA E DISCRIMINAZIONE

Nonostante da più parti si voglia negare questa evidenza, o celarla al grande pubblico, negli ultimi trent’anni all’interno delle economie occidentali avanzate è aumentata la disuguaglianza economica tra ricchi e poveri.   Se fino alla fine degli anni Settanta il 10% degli americani più ricchi deteneva il 50% della ricchezza nazionale, oggi lo stesso 10% detiene ben il 70% di tale ricchezza, e di questi, l’1% dei più ricchi, da solo, ne detiene il 32%. Una situazione speculare si sta verificando in Italia, dove l’1% dei più ricchi detiene il 25% della ricchezza nazionale, ed il primo 20% dei ricchi ne detiene il 70% del totale, in un processo che prende il nome di terzomondizzazione delle economie avanzate.   Per intenderci la nostra società, si sta muovendo verso una realtà, dove i ricchi vivranno in quartieri lussuosi ben delimitati, difesi da muri con il filo spinato e forniti di scuole e servizi eccellenti. Mentre al di fuori di questi luoghi, il resto del popolo vi...

La disinformazione come modello di comunicazione di massa. Consigli per abbattere le fake news e le notizie volutamente gonfiate

Si legge e si sente sempre più spesso di grandi e fenomenali bufale sul web e in televisione, talvolta talmente ben strutturate e dettagliate, da sembrare veri scoop o notizie bomba dell'ultim'ora. Vengono costruite delle fondamenta e vengono definiti i contorni di alcune vicende, che ci toccano veramente da vicino, e quindi è più facile cascare nel tranello di queste fake news o di queste informazioni volutamente ingigantite e dargli la visibilità che non si meritano. Ora, che ingrandire la realtà, e ingigantire le notizie faccia parte dell'arte della scrittura, della sceneggiatura, così come di quella della vendita, è un qualcosa di sempre esistito e che talvolta ha dato anche buoni risultati, tuttavia, soprattutto, chi lavora per testate giornalistiche di primaria importanza, o per note reti televisive nazionali o internazionali dovrebbe pensarci due volte prima di scrive fake news o ingigantire la realtà diffondendo così disinformazione. Dunque, prima di dare i c...

La guerra nascosta - Economia e finanza

“Siamo in guerra” - così ha esordito Macron l’altro giorno parlando in diretta televisiva alla nazione francese. Parole forti da parte di un presidente debole, che però nel momento del bisogno trova il coraggio di fare quello che in Italia sta mancando, mettere nelle tasche dei cittadini e delle imprese 300 miliardi di euro, proprio come si deve fare durante una guerra. Ora, i francesi non mi sono mai stati simpatici e penso non lo saranno mai ma, a differenza dei nostri governanti, sanno comportarsi da Stato sovrano, infatti si sono detti pronti a nazionalizzare le imprese strategiche pur di difendere la Francia e i francesi dagli attacchi speculativi, perché uno Stato che si rispetti ha bisogno del suo tessuto produttivo per essere forte e garantire sicurezza, stabilità e prosperità ai suoi cittadini. Chapeau.  In Italia tutto ciò è impensabile, coraggio e competenza sono degli sconosciuti nel panorama della nostra attuale politica ed infatti, le conseguenze di questa gu...