In Italia stiamo navigando a vista nel mezzo della tempesta, non c’è ancora un piano per la ripartenza reale e concreto e per la fase due sembra necessario aspettare il 4 maggio, data stabilita (per ora) come fine del lock down ma, per l’economia è già troppo tardi. Siamo stati in ritardo su tutto in questa emergenza e confermiamo ancora adesso la tendenza di non saper prendere decisioni coraggiose in tempi rapidi. Il mercato globale non ha mai chiuso, nessun Paese al mondo ha completamente fermato il proprio tessuto produttivo, ad eccezione dell’Italia e di Wuhan, chiaro segno che abbiamo fatto troppi errori. Se in Cina non si hanno dati certi e non si sa come siano andate davvero le cose, poiché stiamo parlando di una dittatura de facto, in Italia, abbiamo ancora una parvenza di democrazia; nonostante la task force sulle fake news, che più che contrastare le bufale sembra il ministero della verità, visti i suoi membri. Ma tralasciamo questo e torniamo a noi.
Il blocco totale dell’attività produttiva potrebbe avere conseguenze disastrose sia a livello economico, che sociale, questo perché le aziende chiuse per decreto non hanno ricevuto un euro, ma devono comunque pagare le tasse. Se ci pensate, con una metafora un po’ forte è come se lo Stato tassasse i soldati che ha mandato al fronte e, la disoccupazione che potrebbe scaturire dalla crisi può essere paragonata a quella dei periodi post-bellici, se non peggio.
Il decreto liquidità annunciato in pompa magna, si è rivelato per quello che è: una pochezza. Viene data infatti, la semplice possibilità di contrarre mutui per pagare le tasse, altroché supporto dello Stato alle aziende. Le banche stesse, per tramite del presidente dll’ABI (Associazione Banche Italiane) hanno documentato la lunghezza dell’istruttoria per l’ottenimento dei prestiti e soprattutto la necessità delle normali garanzie private per tutti i prestiti superiori a 25.000 euro e ovviamente i prestiti saranno con gli interessi, perché anche le banche sono aziende e devono guadagnare. Di fatto è stata data l’opportunità alle imprese di contrarre un normale mutuo, niente di nuovo sul fronte occidentale per restare in tema.
Il governo, spaccato al suo interno, attende immobile le decisioni dell’UE, che purtroppo portano ancora nella direzione di prestiti con condizioni e interessi e non di liquidità vera tramite la BCE, quello che servirebbe davvero.
E allora: inutile nascondersi, in queste condizioni si vedrà un calo del 10-15% del PIL come stimato da tutti i maggiori analisti, con il debito che schizzerà intorno al 160-170% del PIL stesso e, per le aziende, sole e dimenticate dallo Stato sarà una vera Caporetto. Anche quelle sane subiranno cali di fatturato e soprattutto di incassi, ecco perché oggi più che mai, i vanagloriosi al governo dovrebbero legare il pagamento dell’IVA agli incassi, di modo da pagare le tasse su quello che si è veramente incassato e non sulle ipotetiche entrate, che saranno sempre meno certe.
A questo punto per le aziende nel breve-medio termine ci sarà la necessità di finanziarsi e le strade principali da percorrere, a mio avviso sono due, o si avviano verso il mercato finanziario, sfruttando la cartolarizzazione, la quotazione in borsa e gli altri strumenti finanziari a disposizione oppure optano per fusioni, acquisizioni ed economie di scala o scopo, al fine di ottimizzare le risorse e far fronte alle nuove richieste del mercato, che saranno molto diverse da quelle conosciute fino ad ora.
Mi consola una cosa, che nonostante l’incompetenza e l’inadeguatezza di chi ci governa, noi italiani ce la sappiamo cavare da soli e per questo ripartiremo anche dopo la crisi del Covid-19, ma una cosa dobbiamo farla: ripensare e ricostruire la nostra classe dirigente.
La nomina di 15 task force ne è l’esempio lampante.
Se un governo deve affidarsi a più di 450 consulenti esterni significa che non ci sta capendo nulla e, se pensa di risolvere le cose nominando dei tecnici, preparati e competenti per carità, ma dimenticandosi di nominare imprenditori e lavoratori, quelli che davvero gestiranno la ripartenza, vuol dire che ha nuovamente sbagliato strada.
Senza il giusto mix di esperienza, competenza e praticità l’Italia non ripartirà mai. Pensiamoci la prossima volta che andremo a votare, perché la politica incide davvero sulle nostre vite, più di quanto pensiamo.
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