Dopo la conferenza di giovedì ed i tanti video che ho postato ultimamente torno a scrivere un breve commento su quello che è l'argomento economico di questi giorni: la riforma del MES.
Partiamo sempre dall'inizio, spiegando che cos'è il MES. L'acronimo sta per Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio conosciuto come Fondo Salvastati.
Questo strumento, è stato creato ufficialmente nel 2012, ma era già attivo con il nome di Fondo europeo di stabilità finanziaria, FESF, nella lingua dei tecnicismi, dal 2010.
Lo scopo del MES sarebbe quello di evitare le crisi finanziarie degli stati appartenenti all'area euro, cosa che fino al momento però non è riuscito a fare, basti pensare al caso Grecia.
La riforma in sostanza, rendendola semplice, prevede tre punti principali, il primo è che il parere emesso dal MES, per quanto riguarda la sostenibilità dei debiti pubblici degli stati membri e del loro sistema bancario, diventerebbe vincolante nei confronti della Commissione Europea, che si troverebbe così svuotata di molti dei suoi poteri.
Di fatto l'Europa diventerebbe ancora più legata alla burocrazia, e meno alla politica, che fino a prova contraria è ancora scelta dai cittadini.
Il secondo punto, invece, prevede il sostegno alle banche in difficoltà, per evitare che piccole crisi, diventino enormi disastri. E questa, che ne dicano, è una misura pensata ad hoc per salvare le banche tedesche, che con i derivati hanno delle passività gigantesche, e ne sono esempi la Nord Lb, dichiarata fallita pochi giorni fa, e la Deutsche Bank, tecnicamente fallita, con un debito di 58 mila miliardi di euro, 18 volte quello della Germania. Così per dire.
Il terzo punto, infine, prevede che vengano ampliati gli strumenti a disposizione del MES, per intervenire nella ristrutturazione dei debiti pubblici, e soprattutto che esso possa mediare tra gli investitori privati e gli Stati, nella ristrutturazione del debito pubblico. Un passo chiaro verso l'unione bancaria europea, senza che nessuno, però, abbia chiesto questa unione.
Il fondo infatti è dotato di soldi versati dagli Stati in percentuale al loro PIL, e quindi pagheremo noi cittadini italiani, per contribuire al salvataggio delle banche tedesche in difficoltà. Come già abbiamo fatto con la Grecia. Ma questa è un'altra storia.
Infine, come nota di chiusura ci tengo a sottolineare che i parametri previsti da questa riforma non sono adatti all'Italia, e quindi se verrà approvata ci costerà austerità e nuove tasse.
Partiamo sempre dall'inizio, spiegando che cos'è il MES. L'acronimo sta per Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio conosciuto come Fondo Salvastati.
Questo strumento, è stato creato ufficialmente nel 2012, ma era già attivo con il nome di Fondo europeo di stabilità finanziaria, FESF, nella lingua dei tecnicismi, dal 2010.
Lo scopo del MES sarebbe quello di evitare le crisi finanziarie degli stati appartenenti all'area euro, cosa che fino al momento però non è riuscito a fare, basti pensare al caso Grecia.
La riforma in sostanza, rendendola semplice, prevede tre punti principali, il primo è che il parere emesso dal MES, per quanto riguarda la sostenibilità dei debiti pubblici degli stati membri e del loro sistema bancario, diventerebbe vincolante nei confronti della Commissione Europea, che si troverebbe così svuotata di molti dei suoi poteri.
Di fatto l'Europa diventerebbe ancora più legata alla burocrazia, e meno alla politica, che fino a prova contraria è ancora scelta dai cittadini.
Il secondo punto, invece, prevede il sostegno alle banche in difficoltà, per evitare che piccole crisi, diventino enormi disastri. E questa, che ne dicano, è una misura pensata ad hoc per salvare le banche tedesche, che con i derivati hanno delle passività gigantesche, e ne sono esempi la Nord Lb, dichiarata fallita pochi giorni fa, e la Deutsche Bank, tecnicamente fallita, con un debito di 58 mila miliardi di euro, 18 volte quello della Germania. Così per dire.
Il terzo punto, infine, prevede che vengano ampliati gli strumenti a disposizione del MES, per intervenire nella ristrutturazione dei debiti pubblici, e soprattutto che esso possa mediare tra gli investitori privati e gli Stati, nella ristrutturazione del debito pubblico. Un passo chiaro verso l'unione bancaria europea, senza che nessuno, però, abbia chiesto questa unione.
Il fondo infatti è dotato di soldi versati dagli Stati in percentuale al loro PIL, e quindi pagheremo noi cittadini italiani, per contribuire al salvataggio delle banche tedesche in difficoltà. Come già abbiamo fatto con la Grecia. Ma questa è un'altra storia.
Infine, come nota di chiusura ci tengo a sottolineare che i parametri previsti da questa riforma non sono adatti all'Italia, e quindi se verrà approvata ci costerà austerità e nuove tasse.
- Spero vivamente che la riforma non venga attuata, o per lo meno revisionata, ma come dico sempre, sarebbe ora che la Politica italiana decidesse di fare prima il nostro interesse e dopo quello degli altri.
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