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Il debito pubblico e lo Spread: sfatiamo con la storia la loro importanza economica

Il debito pubblico, secondo i mezzi di comunicazione di massa rappresenta uno degli indicatori principali, per definire lo stato di salute finanziaria di un determinato Paese. Ciò, ovviamente, non è del tutto vero, altrimenti non sarei qui a scriverne, al fine di fare un po' di informazione, economicamente valida e oggettivamente dimostrabile.
Dunque, per iniziare, bisogna dare una definizione di debito pubblico, il quale è l'insieme di tutti i debiti di uno Stato, nei confronti di tutti quei soggetti, che possono essere individui, imprese, banche, e persino altri Stati, che hanno acquistato dei titoli di debito dello Stato sul mercato.
Nel caso dell'Italia il debito pubblico è costituito dalle somme che lo Stato italiano, deve a tutti coloro che hanno acquistato i nostri titoli di stato, ovvero i famosi BTP, BOT, CCT, e così via.
Visto che ci siamo, do anche la definizione di Spread, un altro termine di cui si abusa molto spesso nella quotidiana informazione di massa. Si sente dire che lo spread è il differenziale tra i BTP e i Bund tedeschi, e una persona poco ferrata in materia, giustamente dice, e quindi, cosa vorrebbe dire?
Lo spiego subito, lo Spread è il differenziale di rendimento tra due titoli pubblici equivalenti, questo significa che presi i BTP italiani a dieci anni, e i Bund tedeschi, sempre a dieci anni, lo Spread equivale alla differenza tra i due rendimenti, e cioè definito il rendimento del Bund tedesco pari all'1% all'anno, e ipotizzato lo spread  a 100 punti base, significa che il rendimento del nostro BTP sarà pari al 2% all'anno. Appunto l'1% in più.
Lo Spread è un indicatore, che sulla carta dovrebbe misurare lo rischiosità di uno Stato, che in parole povere significa, più è alto il rendimento dei titoli di Stato, più l'investimento è rischioso, e quindi più lo Stato è a rischio default.
A questo punto, come faccio sempre, inizio dal principio, dalla nascita del primo debito pubblico, che coincide tra l'altro con quella del capitalismo.
Siamo nel 1694, in Inghilterra si è appena conclusa la Glourios revolution, la rivoluzione, che senza spargimento di sangue ha portato al trono la dinastia degli Orange. La monarchia in Inghilterra, con la promulgazione del Bill of Rights del 1689, è di stampo costituzionale, dove il Parlamento ha l'ultima parola, ma il re ha l'obbligo di proteggere i confini e di tutelare la potenza dell'Inghilterra nel mondo.
Il sovrano inglese Guglielmo III si trova quindi in una situazione molto difficile, ha bisogno di soldi per muovere guerra alla Spagna, per la supremazia dei mari, ma non ha l'autorità per farlo senza passare dalla lunga trafila del parlamento. La soluzione che viene pensata per sopperire a questo problema, sancirà la nascita del sistema bancario moderno, dove le banche da istituti di credito divengono istituti finanziari, e del primo debito pubblico moderno, quello della corona inglese.
Viene creato un organismo esterno ed indipendente, una banca ad hoc, per raccogliere 1,2 milioni di sterline in monete d'oro, ovvero il quantitativo di moneta necessaria per finanziare la guerra contro la Spagna.
Sarà la futura banca centrale inglese.
I titoli di debito emessi avevano un tasso d'interesse annuo dell''8%, per una durata di 12 anni e fin qua niente di strano, si trattava di un normale rapporto debitore-creditore. Tuttavia, nel decreto che istituiva questa banca non si diceva quante monete d'oro dovevano essere effettivamente detenute dalla banca, a fronte di quelle raccolte.
La banca iniziò, quindi, a stampare banconote a fronte dell'oro depositato e così il valore della moneta cartacea in circolazione sostanzialmente si duplicò. Vennero depositati 1,2 milioni di sterline d'oro e il primo anno vennero rilasciate ai sottoscrittori 1,2 milioni di sterline cartacee più l'8% d'interesse. Ecco la dimostrazione empirica del raddoppio della ricchezza in circolazione.
Il governo aveva l'oro per vincere la guerra, e creava così il suo primo debito pubblico nei confronti del popolo inglese. I privati, che a loro volta avevano investito in questi titoli di stato, avevano una rendita annuale dell'8%, sul capitale investito e la carta moneta da spendere al posto delle monete d'oro. Insomma ci guadagnavano tutti. Il sistema della liquidità e il capitalismo finanziario stavano muovendo i primi passi e con loro si accumulava il primo debito pubblico della storia.
Si continuò su questa strada per molti anni, attribuendo gli stessi poteri di stampa della moneta alla Banca centrale, sempre in tempo di guerra, finché si arrivò al momento in cui la banca deteneva in oro solo il 2% del valore delle banconote in circolazione.
Così, era nata anche la riserva frazionata, allora non ancora regolamentata.
Da allora ogni Stato iniziò a stampare delle monete a fronte di sempre minori riserve auree e soprattutto iniziò a creare il proprio debito pubblico per finanziare le guerre, i traffici commerciali o le missioni di scoperta.
Oggi, a quasi 350 anni di distanza il meccanismo è lo stesso, solo che a differenza dell'oro la garanzia delle banconote in circolazione, sono altre banconote, idealmente depositate nei caveau delle banche centrali.
Dunque, abbiamo capito che lo Stato è il prestatore di ultima istanza. Nel caso dell'Europa, la BCE è la prestatrice di ultima istanza, nel caso degli USA, è la Federal Reserve, le quali emettono titoli di debito, sapendo e volendo che questi titoli non siano mai pagati, proprio perché questo è quello che richiede il sistema.
Se ora ci pensiamo, comprendiamo facilmente, che il debito pubblico non può essere un valido strumento di misura della salute di uno Stato, proprio perché non poggia sull'economia reale, ma si basa sulla moneta in circolazione, ed è qui che si inserisce il dilemma della liquidità, come può la moneta essere il debito che circola di uno Stato?
Lo può fare, nel capitalismo finanziario, perché viene considerata una merce, ma non dovrebbe esserlo per la sostenibilità dell'economia.
Da questa storia, dunque, abbiamo imparato che il debito altro non è che moneta, banconote che circolano nei mercati, garantite dai vari Stati, senza nessun legame con economia reale e i beni.
E lo Spread, allora, mi chiederete?
Il collegamento avviene facilmente, se il debito pubblico non è legato all'economia reale, allora neanche lo spread, che come spiegato prima, altro non è che il differenziale del rendimento dei titoli di debito, non può rappresentare la realtà economica di un Paese e la sua rischiosità.
Sono solo parole e sistemi finanziari adottati per far sì che chi, dirige il sistema ovvero gli USA, e in Europa la Germania, possano vivere di rendita sui propri debiti. Sulle spalle degli altri Paesi, però. 
Forse bisognerebbe iniziare a vedere il debito pubblico al netto del risparmio privato di ogni Stato, così ci si avvicinerebbe di più alla reale capacità economica dei cittadini. E guarda caso in questa ipotesi l'Italia starebbe messa meglio della Germania e della Francia.
O forse, ancora meglio, bisognerebbe iniziare a far cultura e politica, e a sostenere gli investimenti produttivi, che rendano nel futuro, perché basati sull'economia reale, e sostenere i commerci internazionali con quella clearing union, a me tanto cara, e ormai abusata in ogni benedetto pezzo che scrivo.
Spero che questo lungo post, sia servito per far un po' di chiarezza, su un tema sempre mal spiegato dai media e dalle TV.



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